“I contributi a fondo perduto sono una boccata d’ossigeno per le nostre imprese. Certo, rispetto ad altri Paesi, l’Italia arriva in ritardo ma, come si dice, meglio tardi che mai”. Mario Lariccia, commercialista e segretario dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili della Provincia di Avellino, invita le imprese a presentare al più presto le richieste. I termini si sono aperti lunedì 15 giugno, per chiudersi il 13 agosto. “Non sarà un click day, perché ci sono a disposizione circa 6,2 miliardi stanziati dal decreto rilancio. Ma – avverte Lariccia – meglio muoversi”.

Il contributo a fondo perduto può essere richiesto da imprese, partite Iva o dai titolari di reddito agrario, a patto che siano in attività alla data di presentazione dell’istanza per l’ottenimento del contributo. Sono, invece, esclusi i soggetti la cui attività risulta cessata nella data di presentazione della domanda, i soggetti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria (le cosiddette casse previdenziali), gli intermediari finanziari e le società di partecipazione, i soggetti che fruiscono del bonus professionisti e del bonus lavoratori dello spettacolo introdotti dal decreto Cura Italia (Dl 18/2020) e gli enti pubblici.

Due i requisiti richiesti per accedere al contributo: i ricavi o compensi 2019 non devono essere superiori a 5 milioni di euro; l’importo del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi di quello del mese di aprile 2019.

Le eccezioni al requisito del calo del fatturato sono previste per chi ha avviato l’attività dal 1° gennaio 2019 (il contributo spetta allora a prescindere dal calo del fatturato) e per gli operatori con domicilio fiscale o sede operativa situati nel territorio di Comuni colpiti da eventi calamitosi (sisma, alluvione, crollo strutturale) ancora in emergenza al 31 gennaio 2020 quando è scattato lo stato di emergenza per il coronavirus.

A quanto ammonta il contributo spettante? Alla differenza fra il fatturato e i corrispettivi del mese di aprile 2020 e il valore corrispondente del mese di aprile 2019 si applica una specifica percentuale in relazione all’ammontare di ricavi e compensi. In particolare, il 20% se i ricavi e i compensi dell’anno 2019 non superano la soglia di 400mila euro; 15% se i ricavi e i compensi dell’anno 2019 non superano la soglia di 1 milione di euro; 10% se i ricavi e i compensi dell’anno 2019 non superano la soglia di 5 milioni di euro. In ogni caso il contributo non può essere inferiore a mille euro per le persone fisiche e a 2mila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Lariccia, questo contributo servirà a rimettere in sesto la nostra malandata economia?

Beh, è un aiuto, ma certo non restituirà alle imprese quello che hanno perso in questi mesi. C’erano aziende che già l’anno scorso, con dodici mesi di fatturato, non ce la facevano. E’ chiaro che oggi, con nove mesi di ricavi a fronte di dodici di costi, la situazione non può che essere peggiorata. Siamo partiti in ritardo, e questo lo pagheremo, lo pagheranno le aziende che sono maggiormente in affanno. Mi sembra anche giusto rimarcare che si tratta del primo contributo a fondo perduto che viene dato alle imprese. I mutui agevolati di 25mila euro sono infatti altri debiti che si vanno ad aggiungere a situazioni economico-finanziarie già compromesse. Un sostegno che, purtroppo, non riguarda i professionisti iscritti alle Casse, come commercialisti, avvocati e architetti che, completamente dimenticati dal Governo, non potranno ricevere il contributo a fondo perduto.

Dopo tre mesi di lockdown è possibile un primo bilancio di questa drammatica emergenza sanitaria?

Beh, il quadro è decisamente preoccupante. Ci sono settori completamente in ginocchio, con decine e decine di imprenditori che sono morti che camminano. Parliamo, ad esempio, di operatori del commercio che hanno perso appuntamenti fondamentali come Pasqua e altre festività. Pensiamo agli eventi, ai matrimoni e non solo. Stesso discorso per chi opera nel turismo, in un settore già di per sé stagionale, che ha visto saltare un’intera stagione. Sono comparti che, in una provincia come la nostra, muovono un indotto importante.

Non crede ci siano margini di ripresa?

Lo spero, ma è chiaro che bisogna avere le spalle larghe per uscire indenni da questo periodo, anche perché la crisi è ancora sotto traccia. Non dimentichiamo che oggi sono sospesi i mutui, le cartelle esattoriali e di pagamento. Sono state congelate delle incombenze che torneranno in circolo da ottobre, con conseguenze facilmente intuibili.

Sta dicendo che la crisi, o almeno le conseguenze più pesanti del lockdown, non si sono ancora manifestate.

Sì, in buona parte è così, perché è come se il tempo si fosse fermato. E’ stato congelato tutto, ma non annullato, attenzione. Stiamo spostando tutto avanti, ma senza tagliare nulla. Sarebbe il caso di iniziare a pensare ad una sanatoria, ad una rottamazione dei debiti. Lo stesso discorso vale per i licenziamenti. Oggi non è possibile tagliare personale, ma questo non vuol dire che le aziende non abbiano necessità di farlo, magari fosse così.

Da dove può iniziare la ripresa? Ci sono dei settori che hanno retto meglio l’urto?

Sicuramente il comparto alimentare, dove si è registrata una crescita significativa. Il Covid ha dato un po’ di fiato anche alla piccola distribuzione, alle cosiddette attività di prossimità spesso preferite ai grandi supermercati, percepiti come zone a rischio contagio. Come per tutte le economie di guerra, perché di questo si tratta, ci sono poi dei settori, prima marginali, che hanno recuperato centralità. Penso alla produzione di dispositivi di sicurezza, a partire dalle mascherine, un’attività verso la quale si sono indirizzate ed anche riconvertite molte imprese. Ma sono attività legate all’emergenza, non possono certo trainare la ripresa. Per il rilancio della nostra economia serve liquidità, non prestiti. Speriamo che questo primo intervento avvii un nuovo corso, ma bisogna fare presto.