“Negli ultimi anni il concordato preventivo ha avuto una grande diffusione con tante aziende che, in una congiuntura di crisi profonda, hanno cercato di abbattere il proprio debito”. Roberto Di Franza, consigliere dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Avellino, ha pochi dubbi a parlare anche di “numerosi casi di abuso”.

Di Franza, può fare qualche esempio di situazioni di abuso?

Ci si trova di fronte ad una situazione di abuso quando, ad esempio, si presenta una proposta di concordato dopo che è stata presentata istanza di fallimento, con il chiaro intento di evitare il fallimento o di procrastinare nel tempo la scadenza del debito. Così come va ricordato che nel momento in cui si presenta istanza di concordato, per legge vengono congelate tutte le eventuali attività esecutive in atto, come pignoramenti, esecuzioni o altro. E questa è un’altra situazione che può favorire degli abusi.

Cioè?

Mi è capitata una situazione simile in ambito professionale, da commissario giudiziale. Un imprenditore aveva presentato istanza di concordato per bloccare un’esecuzione immobiliare, ottenuta la quale l’ha ritirata. Fortunatamente l’operazione è stata smascherata e, dopo la dovuta segnalazione alla Procura, la persona è stata rinviata a giudizio.

Prego continui.

Beh, i casi sono tanti. Tenga presente che un concordato in continuità ha una vita compresa tra i 3 e i 7 anni (mediamente 5 anni), durante i quali si continua a lavorare con l’obiettivo di pagare, con i ricavi della propria attività, una certa quota a tutti i creditori. E’ chiaro che la visione prospettica viene meno nel momento in cui si utilizza il concordato per temporeggiare e rinviare il fallimento e magari pagare solo qualcuno dei creditori. Non poco frequenti sono anche i casi in cui si utilizza questa fase per mettere al sicuro, se non svendere, il proprio patrimonio.

Anche in Irpinia si è registrato un significativo aumento delle istanze di concordato preventivo?

Credo che il picco massimo di utilizzo del concordato sia già stato raggiunto, soprattutto in una provincia come la nostra, dove il numero di aziende sane non è certo infinito. Siamo in crisi economica da circa dieci anni e chi aveva questa necessità lo ha fatto, anche perché con il nuovo Codice della Crisi  è una procedura destinata a complicarsi, perché vincolata a parametri più stringenti.

Cosa cambia con il cosiddetto nuovo Codice della crisi?

Il nuovo codice riguarda soprattutto le procedure pre-concorsuali e fallimentari, ma parte anche dalla struttura della società ancora in bonis e dagli obblighi dell’amministratore e dell’organo di vigilanza delle società, ossia del collegio sindacale e del revisore contabile. Sono state inasprite le sanzioni, ma anche i compiti, e le relative responsabilità, affidati agli organi di vigilanza, considerati, in alcuni casi, corresponsabile del fallimento dell’azienda. Questi organi sono infatti chiamati a vigilare anche sulla solidità economico-finanziaria dell’azienda e, in caso di inadempienze o altri problemi, sono tenuti ad avvisare amministratore e creditori, oltre a dovere svolgere un’altra serie di atti che, in passato, non era di loro competenza.

Qual è l’obiettivo principale del nuovo Codice?

Sicuramente, come si dice, di salvare il salvabile, e quindi soprattutto la forza occupazionale, che resta la parte più debole. Ma è chiaro che si guarda anche alla salvaguardia e al rilancio dell’economia in senso lato. Il contraltare è l’altra azienda, quella creditrice che, in linea di massima, si vede ridotto il proprio credito. Con il nuovo codice l’attività dell’azienda viene monitorata in corso d’opera, con l’obiettivo anche di ridurre e limitare i casi di abusi e comportamenti illeciti.

Il Tribunale di Avellino come si regola per la gestione delle procedure di fallimento? Con che criterio si procede alla nomina dei professionisti?

Diciamo che, già da qualche anno, la figura del commissario giudiziale, che è poi l’ausiliario del giudice, è rappresentata da un avvocato e da un commercialista. Per la complessità delle procedure sono infatti richieste competenze specifiche che abbracciano l’ambito giuridico e quello contabile-fiscale. Io sono convinto che il dottore commercialista possa svolgere serenamente anche da solo la funzione di commissario giudiziale e di curatore fallimentare, in quanto dotato di una formazione completa sia in ambito strettamente giuridico che, naturalmente, in quello tecnico, fiscale e contabile. In passato gli avvocati indicati dal Tribunale nominavano in genere un tecnico ausiliario, ecco perché oggi si tende a indicarne direttamente due.

Come si gestisce l’eventuale convivenza di un’istanza di concordato con quella di fallimento?

Inizialmente si uniscono in un’unica procedura, se poi il concordato viene ammesso e quindi omologato, l’istanza di fallimento viene congelata, per poi decadere nel caso in cui il concordato viene portato a termine. Se viene invece meno il concordato, subentra l’istanza di fallimento e si va direttamente a sostenere l’udienza.

Cosa consiglia all’imprenditore in difficoltà finanziaria?

Il consiglio che ritengo di poter rivolgere all’imprenditore (individuale o sotto forma societaria), che abbia delle difficoltà di carattere economico/finanziario, è sempre quello di rivolgersi a professionisti esperti della materia concorsuale  e pre-concorsuale; tra gli iscritti al nostro Ordine vi sono tante figure di spessore ed esperienza che potranno supportare e consigliare l’imprenditore nello scegliere tra i tanti strumenti che oggi la normativa di riferimento propone.